venerdì 20 dicembre 2013

Il Presidente Mujica alle Nazioni Unite

A Rio il 21 giugno 2012 il presidente dell'Uruguay José Pepe Mujica ha tenuto un discorso alle Nazioni Unite in stile "decrescita felice", ovvero un discorso che parla di crescita della felicità!

mercoledì 27 novembre 2013

Rivoluzione industriale e decrescita?

Proviamo ad analizzare brevemente la seguente questione:
"Il processo di rivoluzione industriale, che ci ha portato ad un indubitabile sviluppo economico, è forse in contrasto con l'economia della decrescita?"

Per cercare di rispondere a questa domanda, sicuramente non banale, vediamo innanzitutto (e in sintesi) cosa si intende con rivoluzione industriale (secondo Wikipedia):
"La rivoluzione industriale, è un processo di evoluzione economica o industrializzazione della società che da sistema agricolo-artigianale-commerciale conduce ad un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come ad esempio i combustibili fossili), il tutto favorito da una forte componente di innovazione tecnologica e accompagnato da fenomeni di crescita, sviluppo economico e profonde modificazioni socio-culturali".

Ora come abbiamo già ricordato nel post "Le fondamenta della Decrescita":
"Il punto fondamentale, da cui prende le mosse la teoria della decrescita, è che non possiamo più permetterci di sprecare le nostre risorse naturali che, come ormai sappiamo, sono limitate e molte di esse purtroppo non sono rinnovabili". È quindi lecito chiedersi se questa importante presa di posizione, dovuta alle limitate disponibilità di risorse del nostro pianeta, è in contrasto con lo sviluppo economico e il benessere promesso dalla rivoluzione industriale.

In effetti se con sviluppo economico non si intende crescita illimitata ad ogni costo, ma significa invece ridistribuzione economica dei vantaggi e dei benefici che la rivoluzione industriale ha portato nel sistema economico-sociale (migliorando spesso le condizioni di lavoro e di vita delle persone), allora non appaiono contraddizioni insormontabili tra i due tipi di economia.

È però innegabile che una delle caratteristiche principali che ha determinato la rivoluzione industriale, è stata proprio "l'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come ad esempio i combustibili fossili)"; perciò se veramente vogliamo passare ad una economia della decrescita, dobbiamo fare almeno due importanti considerazioni di carattere pratico:

- la prima è che la continua e progressiva automazione del lavoro porta non solo ad una ottimizzazione della produzione dei prodotti industriali, ma causa implicitamente una diminuzione delle ore di lavoro necessarie e del personale impiegato (soprattutto in una ottica di contenimento delle risorse disponibili che ridurrebbe la produzione);

- la seconda è che se vogliamo che tutte le fonti energetiche siano riciclabili, gli investimenti nelle nuove tecnologie sono assolutamente prioritari (in particolare quelli diretti alla conversione delle energie naturali in energia meccanica, elettrica, etc. che evitino l'inquinamento dell'ambiente).

In particolare, per quanto riguarda il primo punto, è necessario che la diminuzione delle ore lavorative (a parità di produzione) riguardi tutti i lavoratori i quali (a parità di retribuzione) dovranno finalmente beneficiare dei vantaggi che l'economia industriale ha sempre promesso, proprio grazie al processo di automazione (e senza perdere occupazione!).

D'altra parte la stessa produzione industriale oggi deve fare i conti con i limiti della richiesta sul mercato dei propri prodotti (che non può essere infinita, dato che i potenziali acquirenti sono ovviamente limitati) e quindi si rende obbligatoria una svolta alla nostra economia; per questo serve una rivisitazione del capitalismo e soprattutto della figura del "capitalista industriale, imprenditore proprietario della fabbrica e dei mezzi di produzione, che mira a incrementare il profitto della propria attività" o meglio, che spesso mira solamente al proprio profitto.

venerdì 24 maggio 2013

Il "Pensiero Unico" in economia

In questa lunga video-intervista, realizzata da Elia Menta, l'avvocato ed economista Nando Ioppolo critica il modello economico dominante, che spesso viene definito con l'accezione negativa di Pensiero Unico.

Secondo Ioppolo, con l'espressione Pensiero Unico, si intende "un unico complesso di convinzioni circa il funzionamento del capitalismo che è assolutamente destituito del minimo fondamento fattuale e logico e pur tuttavia resta egemone ad ogni livello per esclusivo effetto della totale assenza nel panorama culturale mondiale di una sua vera confutazione".

In particolare secondo Wikipedia "fra gli assiomi del neo liberismo, che la critica al pensiero unico tende a contestare, si possono citare indicativamente:
- L'economia di stampo liberista (e la crescita illimitata) come scienza che governa la società. La politica e tutte le altre scelte culturali tendono ad essere assoggettate al potere economico.
- Il mercato come parametro principale che determina il successo o l'insuccesso di ogni attività umana in generale.
- Servizi, istruzione, sanità, ambiente e welfare affidati in gran parte all'iniziativa privata ed alla legge di mercato".

venerdì 3 maggio 2013

Le fondamenta della Decrescita

Il punto fondamentale, da cui prende le mosse la teoria della decrescita, è che non possiamo più permetterci di sprecare le nostre risorse naturali che, come ormai sappiamo, sono limitate e molte di esse purtroppo non sono rinnovabili.

Quindi tutti gli sprechi di tipo energetico, alimentare o ambientale vanno combattuti in modo da modificare le logiche di profitto del mercato attuale; si deve infatti considerare che a breve ci verrà presentato un conto salatissimo dal nostro pianeta per l'esaurimento delle risorse e dell'inquinamento dell'ambiente.

Facciamo un semplice esempio: analizziamo un tipico prodotto alimentare come il pesto genovese. Ebbene può capitare di trovarlo in vendita con il basilico che arriva dal Vietnam e l'aglio dalla Cina. E ciò accade perché il costo è inferiore a quello del pesto prodotto in Italia!

Tuttavia se considerassimo l'inquinamento generato dal trasporto intercontinentale, oltre al costo reale* del petrolio che a breve non sarà più disponibile, allora l'importazione di questo prodotto alimentare non sarebbe più conveniente.

È vero che tra non molto il mercato, per la legge economica della domanda e dell'offerta, farà salire il costo del petrolio in esaurimento e non renderà conveniente l'importazione di questo o di altri prodotti, ma a quel punto il danno ambientale (di cui l'economia del profitto non tiene mai conto) sarà irreversibile e le risorse perdute per sempre.

Se la logica di contenimento e di risparmio delle risorse naturali, sottesa a questo semplice esempio, prendesse piede nell'attuale economia, assisteremmo ad una naturale decrescita degli sprechi (e quindi del PIL) e ci renderemmo finalmente conto che non tutto si può ottenere in modo illimitato dando un più alto valore ai beni naturali; sicuramente un valore diverso da quello del prezzo di acquisto!

(*) Il mercato valuta il costo di una risorsa in funzione della domanda e della sua attuale disponibilità (oltre ad altri parametri speculativi); tuttavia non considera che tra pochi decenni quella risorsa non sarà più disponibile (senza considerare i danni ambientali che la sua estrazione e distribuzione avrà causato).

lunedì 8 aprile 2013

Il vero valore del Lavoro

Come dice Maurizio Pallante, presidente del Movimento per la Decrescita Felice, il lavoro è un valore solo se serve a realizzare cose utili per l'umanità, cose di cui i cittadini hanno veramente bisogno.

In questo video, tratto dalla trasmissione Coffe Break andata in onda su LA7, Pallante ci spiega come il lavoro è stato quasi sempre usato esclusivamente per fare denaro, indipendetemente dalle cose che venivano prodotte.

Se vogliamo trovare delle soluzioni valide alla disoccupazione, ai casi emblematici di aziende come la FIAT o l'ILVA, è necessario uscire dalla logica della crescita economica senza limiti:

martedì 5 marzo 2013

Crescita o Decrescita: due opinioni!

Confrontiamo due differenti opinioni tratte dalla rubrica Lettere al direttore del giornale Avvenire (vedi il testo integrale della rubrica).

Luca Salvi, fondatore del circolo della Decrescita felice di Verona, scrive (riportiamo solo alcune citazioni):
"Secondo i dati ministeriali ufficiali, la nuova galleria del Tav consentirà di creare al massimo 6.000 nuovi posti di lavoro contro un investimento minimo di 8,2 miliardi di euro, ovvero 0,73 nuovi posti per ogni milione di euro investito".
"Si potrebbe fare diversamente e investire questo denaro in maniera più utile? Certamente sì! In uno studio dell’Enea del 2009 si propongono interventi di riqualificazione energetica in 15.000 scuole ed edifici pubblici, che attualmente spendono circa 1,8 miliardi di euro ogni anno in energia elettrica e termica. Con gli 8,2 miliardi previsti per il Tav si potrebbe ridurre del 20% il consumo di energia di questi edifici, pari a oltre 420 milioni di euro all’anno e si potrebbero creare almeno 150.000 nuovi posti di lavoro".

Il direttore risponde:
"Il suo ragionamento, caro dottor Salvi, è come al solito stimolante e, a mio giudizio, in parte apprezzabile. C’è un cantiere immenso che in Italia bisognerebbe decidersi ad aprire per riqualificare non solo sul piano energetico, ma anche sul piano urbanistico e ambientale grandi e piccole aree edificate e/o spopolate del nostro territorio nazionale".
"Sono però altrettanto convinto del fatto che le grandi reti e le grandi infrastrutture siano un essenziale strumento di sviluppo, non solo e non tanto per i posti di lavoro che assorbono nelle fasi realizzative, ma per il duraturo contributo che garantiscono al bene comune e per i rischi di isolamento e marginalizzazione che scongiurano nel contesto europeo e planetario".

Insomma due rispettabilissime opinioni che però devono essere valutate, al fine di fare una scelta tra esse, nel contesto socio-economico in cui ci troviamo.

In effetti l'opinione del direttore di Avvenire, comune a gran parte del mondo politico ed economico che ci governa, non tiene affatto conto della situazione di sprechi e di degrado ambientale in cui ci troviamo: non possiamo più permetterci il lusso di fare delle scelte che implichino sprechi di materie prime e inquinamento ambientale, la valutazione dell'impatto ambientale di un'opera pubblica è diventata determinante!

Come afferma Luca Salvi dobbiamo deciderci a "passare dalle grandi opere costose, inutili, inquinanti ed energivore alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio nazionale e alla salvaguardia del territorio dall’incuria, dal degrado e dal dissesto idrogeologico".

lunedì 25 febbraio 2013

Decrescita=Disoccupazione?

Sfatiamo subito un mito, e cioè che all'aumento del PIL corrisponde sempre un aumento dell'occupazione. Infatti come ricorda Maurizio Pallante (presidente di MDF):
"Dagli anni '60 ad oggi il PIL è aumentato di quasi 4 volte, mentre l'occupazione in proporzione all'aumento della popolazione è diminuita!" (vedi l'articolo completo).

In effetti è proprio l'automazione dei processi produttivi, che aumentano l'efficienza di produzione diminuendo però la forza lavoro, che fa aumentare il PIL.
E ciò è ancora più vero per le grandi opere dove, per essere efficienti, il grosso del lavoro lo fanno le macchine.

Un esempio per tutti:
"La nuova galleria dei TAV in Val di Susa, ad esempio, consentirebbe di creare circa 6.000 nuovi posti di lavoro contro un investimento minimo (stimato) di 8,2 mld di euro, ovvero 0,73 nuovi posti per ogni milione di euro investito"(!).

Ora secondo Pallante si deve e si può fare meglio e diversamente:
"Bisogna solo cambiare le priorità e spendere il denaro in altro modo, partendo dalla consapevolezza che è conveniente per tutti investire a livello locale le poche risorse disponibili in molte migliaia di micro cantieri diffusi, piuttosto che in poche grandi opere infrastrutturali concentrate".

In particolare si dovrebbero attivare quelle che vengono definite come le tecnologie della decrescita cioè quelle tecnologie che, a parità di prestazioni, riducono i consumi di energia, i consumi di materie prime e i rifiuti da smaltire.

Si osservi infatti che "in uno studio della Safe, centro studi patrocinato anche dal Ministero dello Sviluppo Economico, si evidenzia come ogni milione di euro investiti in progetti di efficienza energetica produca, mediamente, 13 posti di lavoro locali, contro, come dicevamo i 0,73 indotti dalle sempre citate grandi opere".
(Tutti i testi citati sono tratti dall'articolo di Pallante)