mercoledì 27 novembre 2013

Rivoluzione industriale e decrescita?

Proviamo ad analizzare brevemente la seguente questione:
"Il processo di rivoluzione industriale, che ci ha portato ad un indubitabile sviluppo economico, è forse in contrasto con l'economia della decrescita?"

Per cercare di rispondere a questa domanda, sicuramente non banale, vediamo innanzitutto (e in sintesi) cosa si intende con rivoluzione industriale (secondo Wikipedia):
"La rivoluzione industriale, è un processo di evoluzione economica o industrializzazione della società che da sistema agricolo-artigianale-commerciale conduce ad un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come ad esempio i combustibili fossili), il tutto favorito da una forte componente di innovazione tecnologica e accompagnato da fenomeni di crescita, sviluppo economico e profonde modificazioni socio-culturali".

Ora come abbiamo già ricordato nel post "Le fondamenta della Decrescita":
"Il punto fondamentale, da cui prende le mosse la teoria della decrescita, è che non possiamo più permetterci di sprecare le nostre risorse naturali che, come ormai sappiamo, sono limitate e molte di esse purtroppo non sono rinnovabili". È quindi lecito chiedersi se questa importante presa di posizione, dovuta alle limitate disponibilità di risorse del nostro pianeta, è in contrasto con lo sviluppo economico e il benessere promesso dalla rivoluzione industriale.

In effetti se con sviluppo economico non si intende crescita illimitata ad ogni costo, ma significa invece ridistribuzione economica dei vantaggi e dei benefici che la rivoluzione industriale ha portato nel sistema economico-sociale (migliorando spesso le condizioni di lavoro e di vita delle persone), allora non appaiono contraddizioni insormontabili tra i due tipi di economia.

È però innegabile che una delle caratteristiche principali che ha determinato la rivoluzione industriale, è stata proprio "l'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come ad esempio i combustibili fossili)"; perciò se veramente vogliamo passare ad una economia della decrescita, dobbiamo fare almeno due importanti considerazioni di carattere pratico:

- la prima è che la continua e progressiva automazione del lavoro porta non solo ad una ottimizzazione della produzione dei prodotti industriali, ma causa implicitamente una diminuzione delle ore di lavoro necessarie e del personale impiegato (soprattutto in una ottica di contenimento delle risorse disponibili che ridurrebbe la produzione);

- la seconda è che se vogliamo che tutte le fonti energetiche siano riciclabili, gli investimenti nelle nuove tecnologie sono assolutamente prioritari (in particolare quelli diretti alla conversione delle energie naturali in energia meccanica, elettrica, etc. che evitino l'inquinamento dell'ambiente).

In particolare, per quanto riguarda il primo punto, è necessario che la diminuzione delle ore lavorative (a parità di produzione) riguardi tutti i lavoratori i quali (a parità di retribuzione) dovranno finalmente beneficiare dei vantaggi che l'economia industriale ha sempre promesso, proprio grazie al processo di automazione (e senza perdere occupazione!).

D'altra parte la stessa produzione industriale oggi deve fare i conti con i limiti della richiesta sul mercato dei propri prodotti (che non può essere infinita, dato che i potenziali acquirenti sono ovviamente limitati) e quindi si rende obbligatoria una svolta alla nostra economia; per questo serve una rivisitazione del capitalismo e soprattutto della figura del "capitalista industriale, imprenditore proprietario della fabbrica e dei mezzi di produzione, che mira a incrementare il profitto della propria attività" o meglio, che spesso mira solamente al proprio profitto.

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