venerdì 21 dicembre 2012

Faremo la fine di "Thelma&Louise"?

Molti ricorderanno una celebre scena del film "Thelma&Louise" di Ridley Scott: le due protagoniste Geena Davis e Susan Sarandon, inseguite strenuamente dalla polizia finiscono sull'orlo del Grand Canyon; a questo punto pur di non arrendersi "scelgono la soluzione estrema: con il sorriso sulle labbra, tenendosi per mano, si lanciano con la macchina nel vuoto".

Le ultime battute del famoso film sembrano, purtroppo, ben adattarsi a quanto sta accadendo alla nostra economia della crescita senza limiti; in particolare all'incapacità di chi ci governa di prevedere quanto potrebbe accadere se non cambiamo strada facendo almeno un passo indietro (nel senso della decrescita).

"Senti Louise, non torniamo indietro"
"Che vuoi dire Thelma?"
"Non fermiamoci!"

Anche se le protagoniste hanno ben chiaro quale sarà la loro fine, la domanda è lecita:
"L'economia della crescita indiscriminata e senza freni ci condurrà nel baratro?"

giovedì 20 dicembre 2012

La Decrescita è selettiva!

Quando si parla di decrescita economica, in generale non si intende la pura e semplice diminuzione di tutti i consumi; in realtà si vuole intendere la decrescita selettiva di tutte le merci che non sono beni.

La differenza tra merci e beni, ben espressa dalla teoria della decrescita, l'abbiamo già introdotta in un precedente post (vedi "Beni e Merci secondo la Decrescita"); qui ricordiamo che non tutte le merci rappresentano un bene (cioè non rispondo ad un nostro reale bisogno) mentre solo alcuni beni sono merci (cioè devono per forza essere acquistati sul mercato).

Ora, definire esattamente cosa sia per ognuno di noi (o per la collettività) un reale bisogno non è sempre facile ma è evidente che ci sono casi evidenti, come ad esempio quelli del risparmio energetico e della riduzione dell'inquinameno ambientale, che possono essere ben definiti e quindi valutati di conseguenza.

In tutti questi casi possiamo promuovere la decrescita selettiva, sia attuando delle politiche di contenimento energetico e di riciclo dei rifiuti inquinanti ma anche attivandoci nella auto-produzione di alcuni beni.
Facciamo due esempi classici per la decrescita, spesso proposti dal presidente del movimento MDF Maurizio Pallante:

- La coibentazione degli edifici (vedi tutta l'intervista sul sito Il Cambiamento):
"Un edificio mal costruito, che disperde gran parte del calore, fa crescere il PIL di più degli edifici ben costruiti che non disperdono il calore.
I 13 litri in più, che in media si consumano in una casa mal costruita, sono una merce che si paga e che viene sprecata, ma non sono un bene perché non serve a riscaldare.
Se ci fosse un governo che predisponesse come punto centrale della sua politica economica la ristrutturazione degli edifici che consumano 20 litri si andrebbe verso una decrescita felice del PIL".

- Il vasetto di yogurt (dal libro "La Decrescita Felice" di Maurizio Pallante):
"Lo yogurt prodotto industrialmente e acquistato attraverso i circuiti commerciali, per arrivare sulla tavola dei consumatori percorre da 1.200 a 1.500 chilometri, costa 5 euro al litro, viene con­fezionato al 95 per cento in vasetti di plastica quasi tutti monouso, raggruppati in imballaggi di cartoncino, subisce trattamenti di conservazione che spesso non lasciano sopravvivere i batteri da cui è stato formato.
Lo yogurt autoprodotto facendo fermentare il latte con oppor­tune colonie batteriche non deve essere trasportato, non richiede confezioni e imballaggi, costa il prezzo del latte, non ha conser­vanti ed è ricchissimo di batteri…"
E prosegue:
"… Tuttavia questa scelta, che migliora la qualità della vita di chi la compie e non genera impatti ambientali, comporta un decremento del prodotto interno lordo: sia perché lo yogurt autoprodotto non passa attraverso la mediazione del denaro, quindi fa diminuire la domanda di merci; sia perché non richiede consumi di carburante; sia perché non richiede confezioni e imballaggi, quindi fa diminuire i costi di smaltimento dei rifiuti".
(Qui si possono leggere alcuni estratti del libro citato)

mercoledì 19 dicembre 2012

Debito Pubblico: come ridurlo?

È bene chiarire cosa si intende con debito pubblico (secondo Wikipedia):
"In economia per debito pubblico si intende il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti, individui, imprese, banche o stati esteri, che hanno sottoscritto un credito allo Stato nell'acquisizione di obbligazioni o titoli di stato (in Italia BOT, BTP, CCT) destinate a coprire il disavanzo del fabbisogno finanziario statale ovvero coprire l'eventuale deficit pubblico nel bilancio dello Stato".

La definizione è molto chiara, in pratica lo Stato per cercare di risanare "l'ammontare della spesa pubblica non coperta dalle entrate" (vedi la voce Deficit Pubblico) emette BOT, BTP e CCT sui quali riconosce un tasso di interesse che però va a gravare sul debito esistente.

Quindi come qualsiasi famiglia o impresa, anche lo Stato si trova a fare i conti tra entrate (tipicamente le tasse) e uscite (cioè le spese pubbliche).
Non è perciò strano se la copertura del debito pubblico viene solitamente attuata attraverso le seguenti misure (testi tratti da Wikipedia):
a) diminuzione delle uscite statali ovvero con tagli alle spese pubbliche;
oppure
b) aumento delle entrate statali attraverso:
  1. emissione e vendita di titoli di stato con aumento del proprio debito pubblico;
  2. un riallineamento della politica fiscale con aumento della tassazione sui contribuenti;
  3. diminuzione dell'evasione fiscale;
  4. vendita di beni pubblici sotto forma di privatizzazioni;
  5. condoni (es. edilizio).
Le critiche a questo tipo di interventi, in particolare quelli dovuti alla stretta fiscale, sono evidenti: potrebbero infatti portare ad una "diminuzione dei consumi ovvero della domanda e degli investimenti con effetti deleteri sulla crescita economica".

Vediamo invece quali sono le proposte indicate dal Manifesto del Movimento per la Decrescita Felice per ridurre il debito (vedi il libro: "Debiti Pubblici, Crisi Economica e Decrescita Felice"):
  1. Sospendere le grandi opere pubbliche deliberate in deficit;
  2. Ridurre drasticamente le spese militari;
  3. Ridurre drasticamente i costi della politica.
Inoltre a questi tagli dovrebbe fare seguito, per evitare una diminuzione delle entrate fiscali ed un aumento della disoccupazione, un potenziamento delle "attività produttive nei settori in cui i costi di investimento si ammortizzano con i risparmi sui costi di gestione che consentono di ottenere".

In particolare "per individuare questi settori occorre uscire da una concezione dell'economia come attività autoreferenziale basata sulla dinamica tra la domanda e l'offerta, e intervenire nelle fasi in cui la produzione e i consumi impattano con gli ecosistemi terrestri: nel prelievo delle risorse, nei processi produttivi che le trasformano in merci e beni, nella riduzione delle merci e dei beni in rifiuti, con l'obiettivo di sviluppare tecnologie che riducono gli sprechi e le inefficienze".

martedì 18 dicembre 2012

Il Protocollo di Kyoto

In breve ricordiamo che: "Il protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il riscaldamento globale sottoscritto nella città giapponese di Kyoto l'11 dicembre 1997 da più di 160 Paesi" (vedi Wikipedia).

Diamo alcune informazioni essenziali (sempre tratte da Wikipedia):
- Entrata in vigore: "il trattato è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica anche da parte della Russia".
Cosa prevede: "il trattato prevede l'obbligo in capo ai Paesi industrializzati di operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti".
- Gli elementi inquinanti: fanno parte dell'accordo il "biossido di carbonio ed altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo".
- Gli obiettivi: è prevista una riduzione delle emissioni "in una misura non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 — considerato come anno base — nel periodo 2008-2012".

Inoltre, per l'entrata in vigore del trattato, si è richiesto che fosse:
a) ratificato da non meno di 55 nazioni firmatarie;
b) che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti.
Nota: quest'ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione.

In particolare tra i Paesi che non hanno aderito figurano:
- "gli USA, i responsabili del 36,2% del totale delle emissioni di ossido di carbonio (annuncio del marzo 2001)";
inoltre:
- "Cina, India e altri Paesi in via di sviluppo sono stati esonerati dagli obblighi del protocollo di Kyoto perché essi non sono stati tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra durante il periodo di industrializzazione".
Nota: si osservi che purtroppo "i Paesi non aderenti sono responsabili del 40% dell'emissione mondiale di gas serra".

In definitiva con il Protocollo di Kyoto si cerca di far diminuire le emissioni dei gas serra dei Paesi industrializzati anche se purtroppo le emissioni globali di inquinanti sono ancora in continuo aumento soprattutto a causa della crescita economica indiscriminata!

lunedì 17 dicembre 2012

Siamo in Recessione Economica?

Definire cosa sia la recessione economica di un Paese non è semplice; si legga ad esempio la definizione data da Wikipedia:
"In economia la recessione è una condizione macroeconomica caratterizzata da livelli di attività produttiva (PIL) più bassi di quelli che si potrebbero ottenere usando completamente ed in maniera efficiente tutti i fattori produttivi a disposizione".

La definizione non è molto chiara e nemmeno univoca; diamo allora due definizioni più tecniche:
- "Negli Stati Uniti d'America si parla di recessione quando il Prodotto interno lordo (PIL) reale diminuisce per almeno due trimestri consecutivi";
oppure in Europa:
- "Si ha recessione economica se la variazione del PIL rispetto all'anno precedente è negativa; se tale variazione è inferiore all'1% si parla di crisi economica".
(Per la definizione di PIL vedi il post "Cosa misura il PIL?")
Qui potete consultare i dati del PIL in Italia e quindi valutare se siamo in recessione.

Ma quali sono i sintomi della recessione economica?
In particolare potrebbero verificarsi le seguenti variazioni di mercato (vedi Wikipedia):
- la diminuzione del tasso di crescita della produzione;
- l'aumento della disoccupazione;
- la diminuzione del tasso di interesse in seguito alla riduzione della domanda di credito da parte delle imprese;
- il rallentamento del tasso di inflazione causato dalla diminuzione della domanda di beni e servizi da parte dei consumatori;
- inoltre in alcuni casi, la recessione può essere associata con l'aumento dei prezzi (inflazione) e tale fenomeno è anche conosciuto come stagflazione.
(Testi tratti da Wikipedia)

In definitiva si può affermare che (vedi Okpedia) "la recessione è una fase economica di diminuzione del volume della produzione, del reddito e dell'impiego dei fattori produttivi all'interno di un sistema economico"; si noti come questa definizione sia del tutto in contrasto con il concetto di Crescita Economica ma non a quello della Derescita Economica applicata in senso selettivo (cioè nella diminuzione degli sprechi materiali e delle inefficienze energetiche).
(Vedi anche il post "Cos'è la Derescita Economica?")

venerdì 14 dicembre 2012

Clima: il livello del mare sale!

A proposito di clima, secondo un servizio realizzato da Euronews: "Una ricerca dell'Università tedesca di Postdam, sulla base di immagini satellitari, rivela che il livello del mare sale ancora più in fretta di quanto previsto dal Comitato intergovernativo dell'Onu: non di 2 millimetri l'anno ma di 3,2 mm".

In particolare il Segretario generale dell'OMM (Organizzazione Meteorologica Mondiale) Michel Jarraud ha spiegato: "La tendenza relativa allo scioglimento dei ghiacci dell'Artico non solo sta continuando, ma sta accelerando e ciò è collegato al cambiamento globale delle temperature".

Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti, e la diminuzione delle emissioni dei gas serra è sempre più urgente:

giovedì 13 dicembre 2012

Gli indicatori del benessere

Abbiamo già introdotto il nuovo indicatore denominato IWI (vedi il post "L'IWI prende il posto del PIL") sostitutivo del PIL e proposto nel 2012 dall'UNEP che è il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente.

Dal sito di LifeGate riportiamo qui altri indici alternativi proposti negli scorsi anni: 

Beyond GDP
L’Unione Europea dal 2009 ha lavorato a un nuovo indice statistico che permetta di misurare, oltre alla ricchezza prodotta, anche i progressi ambientali e nella qualità di vita. L'iniziativa è partita a Bruxelles durante la conferenza Beyond GDP (Oltre il PIL) che il governo comunitario ha organizzato insieme a Parlamento europeo, OCSE, WWF e Club di Roma.
Il Canada è il primo grande stato a dotarsi di un rapporto composito sulla crescita ufficiale, tenendo in considerazione come stanno davvero i cittadini, la qualità della vita, le ambizioni. Mostra che dal 1994 al 2008 il PIL del Canada è cresciuto di un robusto 31%, mentre la qualità della vita solo dell'11%.
Ideato nel 1990 dall’economista pakistano Mahbub ul Haq, l'indice è già usato dall'Onu dal 1993 accanto al PIL. Oltre alla tradizionale visione di crescita su parametri economici l'HDI tiene in considerazione diritti umani, difesa dell'ambiente, uso delle risorse locali, alfabetizzazione, servizi sanitari e sociali, pari opportunità. La scala dell’indice è decrescente da 1 a 0. 
Capitale umano, capitale costruito, capitale sociale, capitale ambientale: su queste quattro categorie si impernia il GPI. Elaborato da Redefining Progress nel 1995, a differenza del PIL considera il contributo economico (stimato) di tutti i servizi del volontariato e sottrae le spese dovute a inquinamento, divorzi, disoccupazione, crimine, esercito. Mentre il PIL procapite è aumentato negli ultimi 50 anni, la crescita del GPI s'è arrestata verso la metà degli anni Settanta.
Elaborato nel 2005 dalle università Yale e Columbia, è la pagella annuale degli sforzi degli Stati per raggiungere 22 obbiettivi ambientali, dall'acqua alle emissioni di CO2 procapite. Nell'edizione 2012 stilata con il centro europeo di Ispra e il WEF, l'Italia è ottava (cinque anni fa era ventisettesima). 
L'indice dell'impronta ecologica ideato nel 1996 mette in relazione il consumo umano di risorse naturali con la capacità della Terra di rigenerarle. Ovvero: quanti pianeta Terra occorrono se non modifichiamo i nostri stili di vita? Nel 1961 ne servivano 0,7. Oggi, oltre 1 e mezzo. Calcola anche le differenze fra stati. I più spreconi sono Emirati Arabi (con un valore di 12 contro una media mondiale di 2,2) poi Usa (9,6) e Canada (7,6). Meglio, ma non abbastanza, l'Europa (4,8). 
La Banca Mondiale nel 1999 ha messo a punto questo indice che misura la variazione netta nel valore del capitale di un Paese, correggendo il PIL su quattro punti: aggiunte le spese per l'educazione (investimenti nel capitale umano) e detratti i costi delle risorse naturali depauperate e dell'inquinamento.
Elaborato annualmente dall'omonima fondazione olandese, offre un grafico a orologio su 25 fattori per ogni stato, Italia compresa. A livello mondiale, la sostenibilità si attesta sul 5,9 sul totale di 10. 
Un indice di felicità con radici di scientificità è stato sviluppato dalla New Economics Foundation di Londra. È compilato con un'indagine che incrocia i dati sulle risorse utilizzate da un dato Paese con l’impronta ecologica, l'aspettativa di vita e la felicità dei suoi abitanti.
(Testi tratti dal sito di LifeGate)

mercoledì 12 dicembre 2012

L'IWI prende il posto del PIL

In un precedente post intitolato "Cosa misura il PIL?" avevamo già osservato che questo indicatore del Prodotto Interno Lordo, pur misurando la crescita di un Paese (inteso come il valore totale delle merci e dei servizi prodotti in un anno) non indica in realtà lo stato di benessere e della qualità della vita della popolazione di quel Paese.

Ora forse non tutti sanno che esiste un Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente e cioè "lo United Nations Environment Programme (UNEP) un’organizzazione internazionale che opera dal 1972 contro i cambiamenti climatici a favore della tutela dell’ambiente e dell’uso sostenibile delle risorse naturali" (vedi Wikipedia).

Questa organizazione ha recentemente coniato un nuovo indicatore denominato IWI (Inclusive Wealth Index) che "sostituisce il PIL e contabilizza le fonti del benessere dei paesi, includendo oltre al capitale industriale anche quello naturale, umano e di capacità di innovazione" (per approfondimenti vedi l'articolo su Le Scienze).

Riportiamo quanto ha dichiarato il direttore esecutivo dell'UNEP Achim Steiner in occasione della conferenza di Rio 2012 sullo sviluppo sostenibile:
"La Conferenza di Rio è un'ottima occasione per smettere di considerare il PIL come l'unica misura della prosperità di un paese, perché trascura i principali indici di benessere delle persone, oltre allo stato delle risorse naturali di un paese l'IWI è fra le possibili alternative che i leader mondiali potrebbero prendere in considerazione".

Inoltre Achim Steiner ha aggiunto che "l'IWI riporta un range di dati che i vari capi di stato dovrebbero tenere in considerazione come modo per apportare grande precisione nel valutare la ricchezza generazionale del loro Paese, con lo scopo di realizzare uno sviluppo sostenibile e di sradicare la povertà".

martedì 11 dicembre 2012

La Decrescita è "la" soluzione?

Come avevamo già affermato (nel post "I limiti della Crescita Economica") la Teoria della Decrescita può essere condivisa solo da chi ha preso atto che non è più possibile crescere senza freni, come accade nella nostra economia dei consumi, e che inoltre non basta puntare tutto sulla tecnologia e l'innovazione dei prodotti e dei servizi, ma che l'economia deve essere guidata attentamente verso la produzione di merci che sono beni, cioè che rispondono ad un reale bisogno.

Ovviamente non è altrettanto vero che chi condivide il fallimento della crescita economica senza limiti, debba accettare per vera la teoria della decrescita come soluzione finale ai problemi del nostro modello economico; questa condizione di condivisione è necessaria, ma non sufficiente, per abbracciare con fiducia la decrescita economica, certi che ci porterà alla meta.

In effetti le strade per raggiungere l'obiettivo di un mondo che non sia impostato sulla crescita ad oltranza potrebbero essere diverse (almeno nella forma se non nei contenuti); i teorici della decrescita hanno lanciato la loro proposta (che affronta principalmente un problema culturale più che economico) che può e deve essere discussa senza pregiudizi.

Ciò che dev'essere invece chiara e condivisa, da tutti quelli che vogliono costruire insieme un mondo migliore grazie alla decrescita selettiva (che si propone di eliminare tutti gli sprechi ed aumentare l'efficienza) è la meta finale che si vuole raggiungere; in breve, come citavamo nel post "Dalla Teoria alla Pratica":

"La decrescita è la strada, non la meta. La meta è un sistema economico in cui non si producono merci che non sono beni, e in cui i beni che si possono ottenere solo sotto forma di merci si creano senza utilizzare sostanze nocive, senza alterare i cicli biochimici, senza produrre rifiuti e consumando la quantità minima di risorse e di energia per unità di prodotto".
(Dal libro "Meno e meglio" di Maurizio Pallante)

Invito i lettori anche a confrontarsi sul seguente post "Proposta di confronto su un progetto per superare la crisi, creare un’occupazione utile e dare un futuro ai giovani" pubblicato di recente sul sito MDF.

lunedì 10 dicembre 2012

Il Rapporto del Club di Roma

Ricordiamo subito che "il Club di Roma è una associazione non governativa, non-profit, di scienziati, economisti, uomini d'affari, attivisti dei diritti civili, alti dirigenti pubblici internazionali e capi di stato di tutti e cinque i continenti" (vedi Wikipedia).

In particolare "la sua missione è di agire come catalizzatore dei cambiamenti globali, individuando i principali problemi che l'umanità si troverà ad affrontare, analizzandoli in un contesto mondiale e ricercando soluzioni alternative nei diversi scenari possibili".
(Per approfondimenti vedi Wikipedia)

Già nel lontano 1972 il Club di Roma commissionò al MIT (Massachusetts Institute of Technology) l'oramai diventato famoso Rapporto sui limiti dello sviluppo.

"In estrema sintesi, le conclusioni del rapporto sono:
  1. Se l'attuale tasso di crescita della popolazione, dell'industrializzazione, dell'inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse continuerà inalterato, i limiti dello sviluppo su questo pianeta saranno raggiunti in un momento imprecisato entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità industriale.

  2. È possibile modificare i tassi di sviluppo e giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica, sostenibile anche nel lontano futuro. Lo stato di equilibrio globale dovrebbe essere progettato in modo che le necessità di ciascuna persona sulla terra siano soddisfatte, e ciascuno abbia uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano".
    (Vedi Wikipedia)
È impressionante come a distanza di quaranta anni le conclusioni del punto (1) si stiano verificando con allarmante tempestività mentre quanto si auspicava nel punto (2) e in particolare la modificazione dei tassi di sviluppo, non sia ancora stata nemmeno lontanamente condivisa dalla nostra cultura economica votata alla crescita senza limiti.

venerdì 7 dicembre 2012

Lo Sviluppo è Sostenibile?

In questo video dal titolo: OBBLIGO DI CRESCITA? Lo sviluppo economico e i rischi per l’ambiente e la natura di Marco Tessaro si cerca di dare risposte a domande quali:
- Quali effetti stanno producendo i cambiamenti climatici?
- Possiamo coniugare sviluppo e ambiente oppure la crescita deve avere un limite?
- Quanto vale la natura?

Sul sito della LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), da cui abbiamo tratto il video, si legge:
"A queste e a molte altre domande cerca di rispondere il video dossier OBBLIGO DI CRESCITA? realizzato a partire da interviste ai relatori dell’omonimo convegno (LIPU Onlus – Città di Cesano Maderno, 8 giugno 2007, curatore: Massimo Soldarini).
[...]
Gli intervistati sono politici, economisti, scienziati, ambientalisti i cui percorsi convergono verso riflessioni spesso drammatiche e al contempo illuminanti":


Decrescita from Marco Tessaro on Vimeo.

giovedì 6 dicembre 2012

La Decrescita è contro il progresso?

Sul sito del Movimento per la Decrescita Felice si legge che l'attività portata avanti dal Movimento si articola in quattro filoni:
- Stili di vita
- Tecnologie
- Politica
- Cultura.


In particolare si afferma che "questi quattro filoni sono per noi come uno sgabello, costituito da tre robuste gambe – stili di vita, tecnologie e politica – le quali tengono in piedi il ripiano della cultura. Se manca una di queste gambe lo sgabello non sta in piedi".

Ora partiamo dalla tecnologia (nei prossimi post esamineremo le altre tre gambe) e riportiamo alcune citazioni rimandando al sito per eventuali approfondimenti.
In particolare si dice che "le tecnologie della decrescita sono quelle tecnologie che, a parità di prestazioni, riducono:
1. I consumi di energia
2. I consumi di materie prime
3. Gli oggetti da smaltire".

E subito dopo si specifica:
"La decrescita non è infatti il ritorno all’età della pietra, ma il recuperare la saggezza del passato e coniugarla con tutto ciò che di utile e intelligente abbiamo inventato ed inventeremo. Non tutto il nuovo infatti rappresenta un progresso (pensiamo alle borse di plastica rispetto a quelle di tela), come d’altra parte non tutto il vecchio è meglio del nuovo (non siamo insomma per ritornare ai piccioni viaggiatori!)".

Ma vediamo un esempio:
"Per il riscaldamento degli ambienti in Italia si consumano mediamente 200 chilowattora (circa 20 litri di gasolio o 20 metri cubi di metano) al metro quadrato all’anno. In Germania, in Alto Adige e, da qualche anno, anche in alcuni Comuni italiani, non è consentito costruire nuovi edifici, o ristrutturare edifici esistenti se il loro consumo energetico per il riscaldamento supera i 70 kilowattora (7 litri/metri cubi). Una casa ben costruita, come quelle tedesche, consuma quindi circa 2/3 dell’energia in meno di una casa mal costruita, ma per costruirla occorre una tecnologia molto più evoluta, una tecnologia della decrescita!".

Infine si sottolinea che è fondamentale modificare i nostri stili di vita poiché "da sole, le tecnologie che riducono il consumo di risorse a parità di produzione o servizi possono dare adito al cosiddetto effetto rimbalzo: se un'automobile più efficiente dimezza i consumi di benzina raddoppiando i chilometri che fa con un litro, gli automobilisti possono essere indotti a percorrere più chilometri. Per evitare che ciò si verifichi occorre anche un cambiamento degli stili di vita e una legislazione che ponga limiti alla circolazione automobilistica ed incentivi la mobilità pubblica".  

mercoledì 5 dicembre 2012

Decrescita: dalla Teoria alla Pratica

Nel libro "Meno e meglio" di Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, si afferma con determinazione che "non sono illusori i vantaggi immediati che si possono ottenere seguendo poche regole comportamentali che consentono di praticare la decrescita nella propria vita".

Ecco in breve quali sono le regole da adottare (rimandiamo al libro per approfondimenti):

1. La prima regola è comprare il meno possibile. Ogni volta che si sta per comprare qualcosa occorre domandarsi se è davvero indispensabile.
2. Si può acquistare di meno non solo evitando di acquistare ciò che non serve, ma anche riscoprendo la possibilità di autoprodurre alcuni beni invece di acquistare le merci corrispondenti.
3. Se si comprano meno merci e si autoproducono più beni si può ridurre il tempo che si dedica al lavoro.
[Nota: si tratta cioè di ridurre la propria dipendenza dal denaro e quindi dal lavoro].
4. Contribuire a sviluppare l'autarchia del territorio in cui si vive per ridurre le conseguenze negative che verranno causate dalla diminuzione delle disponibilità e dell'aumento dei prezzi del petrolio.
[Nota: in particolare si fa riferimento ai gruppi di acquisto solidale detti GAS].
5. Nella definizione dei gruppi di acquisto solidale probabilmente la connotazione più importante è data dall'aggettivo solidale.
[Nota: si auspica cioè la reintroduzione di elementi di socialità grazie alla conoscenza diretta tra produttori e acquirenti ed anche ai rapporti di collaborazione tra gli acquirenti stessi].
6. La comunità originaria degli esseri umani è la famiglia. La famiglia è la comunità in cui i legami basati sul dono e la reciprocità si realizzano al massimo grado.
[Nota: in contrasto con i valori della crescita che tendono spesso a cancellare questo tipo di legami puntando solo sui profitti].
7. Smascherare i falsi miti della crescita e la sua narrazione del mondo.
[Nota: il mito cioè che la crescita rappresenti in assoluto uno straordinario miglioramento rispetto a quello fondato sulla civiltà contadina].

Ma vorrei mettere in evidenza l'ultimo punto, che ben definisce gli scopi della decrescita:
8. La decrescita è la strada, non la meta. La meta è un sistema economico in cui non si producono merci che non sono beni, e in cui i beni che si possono ottenere solo sotto forma di merci si creano senza utilizzare sostanze nocive, senza alterare i cicli biochimici, senza produrre rifiuti e consumando la quantità minima di risorse e di energia per unità di prodotto.
(Il testo, a cui abbiamo aggiunto qualche nota, è tratto dal libro "Meno e meglio" di Maurizio Pallante)

Se questa è la meta si può facilmente comprendere perché la decrescita, alla fine, può e deve essere felice!

martedì 4 dicembre 2012

La Green Economy: una soluzione?

"Al giorno d'oggi si definisce economia verde (in inglese green economy), o più propriamente economia ecologica, un modello teorico di sviluppo economico che prende origine da una analisi econometrica del sistema economico dove oltre ai benefici (aumento del Prodotto Interno Lordo) di un certo regime di produzione si prende in considerazione anche l'impatto ambientale" (vedi Wikipedia).

In breve, sempre secondo Wikipedia, "questa analisi propone come soluzione misure economiche, legislative, tecnologiche e di educazione pubblica in grado di ridurre il consumo d'energia, di risorse naturali (acqua, cibo, combustibili, metalli, ecc.) e i danni ambientali promuovendo al contempo un modello di sviluppo sostenibile".

Quindi si vorrebbe attuare quella che viene definita Economia Sostenibile, cioè una economia attenta all'ambiente e allo spreco di risorse ma che prevede che lo sviluppo delle società sia comunque perseguito "rispettando il concetto di sostenibilità dal punto di vista sociale, economico ed ambientale".

È chiaro che i temi ecologici cari alla Green Economy sono perseguiti anche dalla Teoria della Decrescita (ambiente, risorse, energie rinnovabili, etc.) ma è veramente possibile conciliare l'attuale economia della crescita con questi propositi ecologici senza avere anche un obiettivo di decrescita selettiva?
Come è possibile perseguire gli obiettivi dell'economia verde, e cioè di riduzione dell'impatto ambientale, se non si cerca anche, e soprattutto, di diminuire il consumo di risorse su cui invece si basa l'attuale modello di sviluppo?

È vero che la tecnologia può aiutarci e molto a diminuire sprechi e a consumare meno, ma non possiamo certo continuare sugli attuali trend di crescita se non vogliamo che il sistema collassi comunque, prima o poi, sotto il peso della nostra economia senza limiti.

lunedì 3 dicembre 2012

I limiti della Crescita Economica

Diciamo subito cosa si intende, in breve, con Crescita Economica (per approfondimenti vedi Wikipedia):
"In economia la crescita economica è un fenomeno o contesto macroeconomico, inerente soprattutto i sistemi economici moderni, caratterizzato da un incremento nel medio-lungo termine dello sviluppo della società con aumento generalizzato del livello di variabili macroeconomiche quali ricchezza, consumi, produzione di merci, erogazione di servizi, occupazione, capitale, ricerca scientifica e innovazione tecnologica".

A parte gli indubbi vantaggi che per un certo perido di tempo l'economia della crescita ha comportato (almeno nel mondo occidentale), le critiche evidenti che si possono fare a questo tipo di sviluppo incontrollato delle società, che non solo non prevede limiti ma trae la sua autosostenibilità proprio dalla continua crescita del sistema, sono oggi formulate da diversi movimenti molto critici verso questo modello (vedi Wikipedia):
"Secondo i teorici dello sviluppo sostenibile e il movimento per la decrescita, la crescita economica viene definita come un'aberrazione dell'ideologia capitalista che vede nella corsa all'accumulazione capitalista e alla produzione una finalità che trascura i limiti dello sviluppo, dettati dalla povertà, dalla diffusione delle malattie e dal depauperamento continuo delle risorse del pianeta che prima o poi arriverebbero ad intaccare il normale funzionamento dell'economia capitalistica, con un conseguente stallo generale del sistema".

Secondo queste critiche sarebbe proprio il nostro modello capitalistico basato sul libero mercato, che punta esclusivamente ad accumulare e concentare ricchezze senza preoccuparsi del benessere delle persone, che ci ha portato all'attuale crisi economica.

Questo è un punto fondamentale: la teoria della decrescita può essere condivisa solamente da chi ha preso atto che non è più possibile crescere senza freni e che inoltre non basta puntare tutto sulla tecnologia e l'innovazione dei prodotti e dei servizi, ma che l'economia deve essere guidata attentamente verso la produzione di merci che sono beni (cioè che rispondono ad un reale bisogno); inoltre quando i beni si possono ottenere solo sotto forma di merci, la loro produzione non deve arrecare danni all'ambiente, limitando al massimo i consumi di risorse e lo scarto di rifiuti non riciclabili (vedi il post "Beni e Merci secondo la Decrescita").

È evidente che questa posizione non è affatto condivisa dal mondo politico; anche se a volte si cerca di tagliare costi e sprechi generati da questo sistema economico, dall'altra parte si continua a puntare sulla crescita indiscriminata: ma il pedale del freno e quello dell'acceleratore non possono essere premuti entrambi contemporaneamente!