Dal sito di LifeGate riportiamo qui altri indici alternativi proposti negli scorsi anni:
Beyond GDP
L’Unione Europea dal 2009 ha lavorato a un nuovo indice statistico
che permetta di misurare, oltre alla ricchezza prodotta, anche i
progressi ambientali e nella qualità di vita. L'iniziativa è partita a Bruxelles durante la conferenza Beyond GDP (Oltre il PIL) che il
governo comunitario ha organizzato insieme a Parlamento europeo, OCSE, WWF e Club di Roma.
Il Canada è il primo grande stato a dotarsi di un rapporto composito sulla crescita ufficiale, tenendo in considerazione come stanno davvero i cittadini, la qualità della vita, le ambizioni. Mostra che dal 1994 al 2008 il PIL del Canada è cresciuto di un robusto 31%, mentre la qualità della vita solo dell'11%.
Il Canada è il primo grande stato a dotarsi di un rapporto composito sulla crescita ufficiale, tenendo in considerazione come stanno davvero i cittadini, la qualità della vita, le ambizioni. Mostra che dal 1994 al 2008 il PIL del Canada è cresciuto di un robusto 31%, mentre la qualità della vita solo dell'11%.
Ideato nel 1990 dall’economista pakistano Mahbub ul Haq, l'indice è
già usato dall'Onu dal 1993 accanto al PIL. Oltre alla tradizionale
visione di crescita su parametri economici l'HDI tiene in considerazione
diritti umani, difesa dell'ambiente, uso delle risorse locali,
alfabetizzazione, servizi sanitari e sociali, pari opportunità. La scala
dell’indice è decrescente da 1 a 0.
Capitale umano, capitale costruito, capitale sociale, capitale
ambientale: su queste quattro categorie si impernia il GPI. Elaborato da
Redefining Progress nel 1995, a differenza del PIL considera il
contributo economico (stimato) di tutti i servizi del volontariato e
sottrae le spese dovute a inquinamento, divorzi, disoccupazione,
crimine, esercito. Mentre il PIL procapite è aumentato negli ultimi 50
anni, la crescita del GPI s'è arrestata verso la metà degli anni
Settanta.
Elaborato nel 2005 dalle università Yale e Columbia, è la pagella
annuale degli sforzi degli Stati per raggiungere 22 obbiettivi
ambientali, dall'acqua alle emissioni di CO2 procapite. Nell'edizione
2012 stilata con il centro europeo di Ispra e il WEF, l'Italia è ottava
(cinque anni fa era ventisettesima).
L'indice dell'impronta ecologica ideato nel 1996 mette in relazione
il consumo umano di risorse naturali con la capacità della Terra di
rigenerarle. Ovvero: quanti pianeta Terra occorrono se non
modifichiamo i nostri stili di vita? Nel 1961 ne servivano 0,7. Oggi,
oltre 1 e mezzo. Calcola anche le differenze fra stati. I più spreconi sono Emirati Arabi (con un valore di 12 contro una media
mondiale di 2,2) poi Usa (9,6) e Canada (7,6). Meglio, ma non
abbastanza, l'Europa (4,8).
La Banca Mondiale nel 1999 ha messo a punto questo indice che
misura la variazione netta nel valore del capitale di un Paese,
correggendo il PIL su quattro punti: aggiunte le spese per l'educazione
(investimenti nel capitale umano) e detratti i costi delle risorse
naturali depauperate e dell'inquinamento.
Elaborato annualmente dall'omonima fondazione olandese, offre un
grafico a orologio su 25 fattori per ogni stato, Italia compresa. A
livello mondiale, la sostenibilità si attesta sul 5,9 sul totale di
10.
Un indice di felicità con radici di scientificità è stato
sviluppato dalla New Economics Foundation di Londra. È compilato con
un'indagine che incrocia i dati sulle risorse utilizzate da un dato Paese con l’impronta ecologica, l'aspettativa di vita e la felicità dei
suoi abitanti.
(Testi tratti dal sito di LifeGate)
(Testi tratti dal sito di LifeGate)
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